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SAN GODENZO

 

 

Tu lascerai ogne cosa diletta

più caramente; e questo è quello strale

che l’arco de lo essilio pria saetta.

 

Tu proverai sì come sa di sale

lo pane altrui, e come è duro calle

lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.

 

E quel che più ti graverà le spalle,

sarà la compagnia malvagia e scempia

con la qual tu cadrai in questa valle;

 

che tutta ingrata, tutta matta ed empia

si farà contr’a te; ma, poco appresso,

ella, non tu, n’avrà rossa la tempia.

 

Di sua bestialitate il suo processo

farà la prova; sì ch’a te fia bello

averti fatta parte per te stesso. 

(Pd., canto XVII)

Il nome deriva da San Gaudenzio, un eremita che si ritirò in queste montagne per condurre una vita di preghiera. In suo nome venne costruita un'Abbazia Benedettina verso la fine del secolo XI e poi, intorno all'edificio religioso, fiorirono le prime case. San Godenzo con la sua montagna fu sotto il dominio dei Conti Guidi e vi rimase fino al 1344 quando venne ceduto alla Repubblica fiorentina. Diventava così parte del contado fiorentino che in quel momento si allargava con sempre nuove conquiste.

La prima guerra mondiale ebbe effetti tragici per il paese dal punto di vista umano ed economico. Nel 1944 San Godenzo con tutto il suo territorio si trovò investito dalla famosa Linea Gotica dove l'esercito tedesco si attestò per lungo tempo di fronte agli eserciti alleati che avanzavano. La maggior parte delle case del paese furono rase al suolo e la popolazione fu costretta a rifugiarsi lontano, anche oltre l'appennino. Nel 1945 iniziò poi la Ricostruzione e San Godenzo vide risollevare le sue sorti. Oggi il paese con i suoi 519 abitanti ha tra le sue attività economiche prevalenti l'artigianato del legno, del ferro battuto e della pietra; un settore altrettanto importante e in notevole incremento è quello del turismo.

 

Dante e San Godenzo.

La lotta intestina a Firenze, fra guelfi neri da una parte e guelfi bianchi e ghibellini dall'altra, portarono alla cacciata di quest'ultima parte dalla città, con la condanna a morte in contumacia di Dante, emessa nel gennaio del 1302 dal podestà di Firenze, Cante Gabrielli da Gubbio. I Bianchi fuggono e con essi Dante, che trova asilo presso gli amici Conti Guidi in Casentino. Bianchi e ghibellini, pur tuttavia, meditano vendetta e tramano per ritornare in Firenze, così organizzano alcuni incontri, tra cui un convegno nel coro dell'Abbazia di San Godenzo. Sostanzialmente il Convegno avvenne per stipulare un accordo fra le nobili famiglie cacciate da Firenze, con tanto di rogito notarile redatto dal notaio Ser Giovanni Buto d'Ampinana (atto conservato presso l'Archivio di Stato di Firenze), per garantire economicamente gli Ubaldini, signori del Mugello, qualora avessero subito un attacco di Firenze nel loro Castello di Monteaccianico. 

Al convegno seguì un aspro scontro tra Bianchi e Neri, con la sconfitta dei primi. Dopo questo episodio maturò in Dante la decisione di staccarsi dai compagni fiorentini ("compagnia malvagia e scempia") e "di far parte per se stesso" (come ricorda il poeta stesso nel XVII canto del Paradiso).

 

Ogni anno il paese organizza una rievocazione storica di questo incontro tra Guelfi Bianchi e Ghibellini a cui partecipò anche Dante.

 

Da non perdere: 

Il cuore del paese è costituito dalla sua splendida Abbazia dedicata a San Gaudenzio e costruita nel 1028 per volere del vescovo di Fiesole, Jacopo il Bavaro. Nel 1070 il vescovo Trasmondo, promotore di nuovi lavori di abbellimento, consacrò la nuova chiesa e l'affidò ai Benedettini. L'8 giugno del 1302 nell'Abbazia si tenne il celebre convegno tra guelfi bianchi e ghibellini. 

L'Abbazia rappresenta uno dei più importanti esempi di architettura romanica in Toscana. All'esterno si presenta con una limpida facciata in pietra preceduta da uno scalone. L'interno è vasto e solenne: a tre navate con pilastri quadrangolari e un presbiterio sopraelevato, a tre absidi.

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