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GRADARA

 

[...] Noi leggiavamo un giorno per diletto

di Lancialotto come amor lo strinse;

soli eravamo e sanza alcun sospetto.

 

Per più fïate li occhi ci sospinse

quella lettura, e scolorocci il viso;

ma solo un punto fu quel che ci vinse.

 

Quando leggemmo il disïato riso

esser basciato da cotanto amante,

questi, che mai da me non fia diviso,

 

la bocca mi basciò tutto tremante.

Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:

quel giorno più non vi leggemmo avante”.

 

Mentre che l’uno spirto questo disse,

l’altro piangëa; sì che di pietade

io venni men così com’io morisse.

E caddi come corpo morto cade

(If., canto V)

Gradara, in provincia di Pesaro e Urbino, è conosciuta per la storica Rocca malatestiana, per il Borgo Fortificato e per le cinte murarie che proteggono la Fortezza. Sorge in un territorio colmo di vigneti e ulivi e offre una buona cucina, basata soprattutto su carni provenienti dall'entroterra marchigiano, accompagnati da ottimi vini.

 

La storia della Rocca:

Costruito su una collina a 5 chilometri dalla costa, il castello di Gradara è un magnifico esempio di architettura militare del XIV secolo, con ancora la doppia cinta muraria munita di camminamenti di Ronda, torri per la difesa militare con feritoie e merlature. La Rocca venne fortificata dai Malatesta, attorno al fortilizio primitivo, una casa torre costruita probabilmente nel XII secolo. Di essa rimane l’architettura in stile gotico nel cortile d’onore e le tipiche difese piombanti medievali. Fu Sigismondo Padolfo Malatesta nel XV sec., con l’avvento delle artiglierie, a rinforzare le mura con delle profonde scarpature e un imponente baluardo verso nord-est, per poter far fronte ai nuovi metodi di combattimento. Nel 1446 la Rocca poté così sopportare l’assedio tenuto dalle truppe di Federico da Montefeltro e Francesco Sforza, che bombardarono Gradara per oltre 40 giorni (“Assedio al Castello”: la rievocazione storica si svolge ogni anno nel penultimo fine settimana di luglio). Agli Sforza, che succedettero alla dominazione malatestiana, appartiene la parte in stile classico rinascimentale, che trasformò la fortezza in un vero palazzo principesco. Nel 1631 chiusero l’epoca delle Signorie i Della Rovere, che delegarono alle proprie consorti il governo del piccolo feudo.

 

La vicenda di Paolo e Francesca:

Il Castello di Gradara é noto soprattutto perchè legato ad una delle più belle storie d’amore della letteratura italiana, narrata per la prima volta da Dante Alighieri nel suo divino poema. E’ nel girone dei Lussuriosi –V Canto dell’Inferno– che si trovano per il poeta Paolo e Francesca, i due amanti che hanno reso famosa la Rocca conferendole un alone di mistero e leggenda. Paolo e Francesca sono due personaggi realmente esistiti: Francesca da Polenta era figlia di Guido Minore Signore di Ravenna e Cervia “…siede la terra dove nata fui, sulla marina dove ‘l Po discende…..”, Paolo era il fratello più giovane di Giovanni Malatesta (detto Giangiotto Johannes Zoctus – Giovanni zoppo).

Giangiotto aiutò Guido da Polenta a cacciare i Traversari dal territorio di Ravenna. Per rafforzare l'intesa con i Malatesta Guido decise di dare la figlia in sposa a Giangiotto. Il matrimonio fu celebrato nel 1275 e i due si trasferirono a Gradara. Paolo, che aveva possedimenti vicino a Gradara, sovente faceva visita alla cognata e un giorno tra i due scoppiò l'amore. La tradizione narra che la storia d'amore tra i due giovani continuò fino al 1289 quando, in un giorno di settembre, qualcuno (forse Malatestino, “quel traditor”) avvisò Giangiotto. L'uomo accecato dalla gelosia li colse in flagrante e uccise entrambi. Così ci racconta anche Dante nel V canto dell'Inferno. Nel corso dei secoli poeti, musicisti, letterati, pittori e scultori si sono ispirati alla tragedia di Paolo e Francesca (da Pellico a D’Annunzio, da Zandonai a Scheffer, ecc.) ed ancor oggi la loro storia d’amore, avvolta in un alone di mistero, affascina migliaia di persone.

 

Da visitare:

Nel castello, oggi museo statale, si visitano ben 14 stanze tutte arredate con mobili antichi e opere d’arte, tra cui la pala di Santa Sofia di Giovanni Santi e una terracotta di Andrea Della Robbia. Tra i vari ambienti i più significativi vanno menzionati quelli decorati con affreschi, alcuni attribuiti al pittore bolognese Amico Aspertini come il camerino di Lucrezia Borgia, la sala della Passione e la sala del Consiglio; la stanza più suggestiva è senza dubbio la camera da letto di Francesca dove si presume sia stato compiuto l'omicidio.

All'interno del castello si situa anche la Chiesa di San Giovanni Battista, risalente al Trecento, che vanta la custodia di un crocefisso di notevole valore con la peculiarità di mostrare tre volti differenti a seconda del punto di vista secondo il quale viene osservato.

 

Da non perdere:

Il Museo Storico che allestisce strumenti di tortura e armi medioevali oltre che alcune attrezzature contadine risalenti al IV secolo.

 

Se cercate un po' di tranquillità immersi nella natura, vi consigliamo di trascorrere qualche ora al Giardino degli Ulivi, situato in Via Cappuccini, in cui protagonisti assoluti sono un gran numero di olivi secolari.

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